I pensatori e l’ermellinolettura di 10'
Reading Time: 7 minutesErano le 10 del mattino e c’erano tutti, a causa di una congiuntura astrale tutt’altro che ricorrente erano tutti e tre nella stessa stanza.
Circa 150 mq di contrasti. Un ampio salone con un tavolo bianco moderno dove potevano sedere 4 persone con sedie di un piacevole velluto ottanio, poco distante si trovava un’ampia finestra che dava su un parco denso di alberi di differenti specie. Un divano grigiastro, quei divani che sono utili punti di ristoro dopo una serata con gli amici senza ricordi, dimenticate il giorno successivo se non per facili induzioni ispirate dalle bottiglie lasciate sul tavolo. Un camino nero con appoggiate 8 candele consumate decorava la parete frontale al divano sui lati della quale erano presenti due ampie librerie piene di libri ordinati non certo in maniera sistematica o logica storica, da Baricco a Pirandello, da Dostoevskij a Porter.
Ad ogni ripiano della libreria era presente una clessidra, diversi colori e diverse forme continuavano a intonare la sinfonia dello scorrere del tempo grazie a un piccolo ermellino che ad ogni ultimo granello le girava nuovamente, quasi darci la sensazione di poterlo toccare o a tratti controllare.
Uno struzzo bianco con striature nere e gambe tanto lunghe quanto sottili come canne di bambù girava liberamente per la stanza scrutando sinuosa e dondolante le mensole dietro il tavolo dove poggiavano strani oggetti, un pallone da basket con occhiali da aviatore, una barca in legno e un piccolo cuore rosso di pietra saponaria. Un pinguino sedeva sui gradini della scala in pietra antica, girava le pagine di un libro d’arte classica con in copertina l’ormai condivisa più che compresa Amore e Psiche. Il suono di un flipper all’angolo della stanza dietro il tavolo riempiva di acuti fastidiosi l’ambiente.
Cesare era seduto con le gambe incrociate non distante dal pinguino ai piedi del divano, mentre fumava la pipa di un aroma che confondeva la vaniglia con sfumature di cioccolato, attorno a lui una foschia che sembrava collocarlo fuori dal tempo, era evidentemente in attesa. Di fronte all’altra finestra quasi assente e con la testa china sedeva Giacomo, aveva uno sguardo cupo e il sentore che qualcosa sarebbe andato storto. Sdraiato sul divano con lo struzzo passeggiante di fronte Dante cercava ristoro con una tunica rosso porpora. Tutti e tre sembravano avvolti da un alone di anacronismo vicendevole, nessuno comprendeva in fondo la figura dell’altro e sembravano poco o nulla interessati ad approfondire un qualche tipo di interazione.
Alle 10:19 si sente un campanello, più simile al suono del forno quando finisce il timer che al sontuoso annuncio di un arrivo speciale. Dante alza la testa, ma sembra non avere le forze per aprire la porta, così guarda Cesare, che in quel momento sembra la persona più presente e reattiva per aprire. Si alza lui dicendo infatti: “Apro io”. Dal divano si sposta verso la porta, Giacomo sembra terrorizzato e guarda tutto il suo spostamento come se stesse andando ad aprire al diavolo. Il pinguino lo segue con la tipica camminata goffa.
Aperta la porta si trova di fronte una donna molto graziosa e gentile. La donna dopo essersi presentata con il nome di Beatrice entra, si guarda intorno con aria un po’ perplessa ma dolce ed educata nei movimenti e chiede: “Potrei gentilmente avere un bicchier d’acqua?”
Dante appena sganciatosi dalle braccia di Morfeo, alla voce della donna si alza improvvisamente ed esclama: “Beatrice”.
Beatrice indispettita, sicuramente sorpresa ma quasi spaventata si volta verso di lui:“Caro Dante, un piacere rivederti”
Dante: “È con mia grande sorpresa e sicuramente piacere che ti trovo qui, ma cosa ti ha portato in questo posto?”
Giacomo e Cesare ascoltano attenti guardando i due mentre parlano.
Beatrice: “Mi è arrivato un invito, sto aspettando altre due persone che non conosco ma i loro nomi sono Tina e Teresa.”
Al suono di Teresa seppur dalla voce soave di Beatrice, Giacomo si alza iniziando a camminare per la stanza avanti e indietro accarezzando di tanto in tanto lo struzzo.
Beatrice: “La lettera era intitolata ‘la semplicità’, ma non mi è ancora chiaro come tre donne possano parlare di questo, mi conforta vedere tre uomini nella stanza”.
Suona di nuovo il campanello.
Beatrice: “Queste devono essere loro”
Giacomo ha le mani nei capelli ricci, mentre gira disinvolto verso le scale.
“Apri tu, Dante” dice Cesare
Apre una bellissima ragazza, si e no 20 anni, un corpo molto ben proporzionato seppur coperta fino al collo indice di una gradevole timidezza.
“Prego entri, quale è il suo nome?” chiede Dante. La ragazza guardando Dante dritto con occhi ridenti, risponde con voce squillante: “Sono Teresa, non sto arrivando dalla campagna ma ho fatto molti chilometri, potrei avere un bicchier d’acqua?
Appena entrata Giacomo sembra spaesato, impacciato e non riesce a comprendere quello che sta succedendo. Si alza, va verso il pinguino che scappa via da lui, gira verso il flipper, si risiede fino a che Cesare gli dice: “Che fai Giacomo?”
E subito Teresa esclama: “Giacomo??”
Giacomo riesce finalmente ad alzare gli occhi quasi come se si sentisse in colpa per un torto commesso e finalmente: “Ciao Silvia, scusa Teresa, come stai?”
Teresa: “Sto bene e son qui per un gentile invito che mi è arrivato. Conoscete Tina e Beatrice?”
Beatrice si avvicina a Teresa e iniziano a chiacchierare e fare congetture sull’invito ricevuto e su quella strana situazione che si è creata.
Suona il campanello.
Giacomo che è già vicino alla porta apre: “Buongiorno”.
Una donna di chiaro stampo ribelle, anticonformista nello sguardo, dura e tagliente nei modi.
“Buongiorno, pensa di farmi entrare o dobbiamo allungare i convenevoli, sono qui perché ho questo invito, posso avere un bicchier d’acqua?”
Giacomo quasi in soggezione: “Mi scusi, prego entri”
Tina entra, vede subito Beatrice e Teresa che parlano accanto al divano con ancora la giacca indosso, si avvicina chiedendo spiegazioni, ma solo di ipotesi e illazioni si discuteva.
Cesare che di nuovo con gambe incrociate e la pipa in bocca seduto ai bordi del divano grigio si alza e ed esclama
“Ciao Tina”.
Tina: “Ciao Cesare, amico mio”
Cesare guardandola con occhio di chi sa esattamente di aver detto una parola scomoda continua: “Signori, ho capito tutto, è evidente che qualcuno o qualcosa, con perfidia, ma molta efficacia, ci ha riuniti per parlare con semplicità delle cose che non ci siamo detti riguardo a persone che qui ci ritroviamo che hanno avuto un ruolo, e mi astengo da aggettivi sulla qualità del ruolo, nella nostra vita. È evidente che Dante ha qualcosa in sospeso con Beatrice, che tu Giacomo, hai qualcosa in sospeso con Teresa, o Silvia come si voglia chiamare.”
Teresa: “Il mio nome è Teresa!”
Cesare riprende a parlare cercando di smorzare ed evitare qualsiasi tipo di escalation.
“E noi cara Tina non è solo la seconda volta che ci incontriamo”.
Tutti rimasero molto stupiti alle parole di Cesare, tutti tranne Tina, che lo conosceva da lunga data.
La stanza rimane in silenzio per qualche secondo, si ode solo il rumore dei passi dello struzzo che continua a far finta di saper leggere guardando i libri sugli scaffali. Fino a che Dante prende la parola.
“Sono vecchio e sicuramente preferirei sdraiarmi che stare in piedi, ma la mia mente corre veloce e ripercorrendo il mio viaggio nessun problema ho con Beatrice da risolvere che già io non abbia in cuore dimenticato. Beatrice fu la mia musa, a lei mi legava un’ispirazione oltre la terrena concezione, mi ha portato in viaggio dove nessun’altra donna avrebbe mai potuto e di spirito e intelletto più che di carne e sensi mi nutrivo di lei.”
Beatrice guardandolo e annuendo risponde guardando Cesare:
“Certamente son d’accordo, come potrei non esserlo con qualcuno che dice di amare senza voler toccare. Sono stata idealizzata ma la mia breve vita l’ho vissuta in semplicità e le poche emozioni che mi han toccato sono state quelle di un amore che non ho amato.”
Dante si sdraia sul divano e inizia a pensare.
Teresa attende qualche secondo e replica a Cesare prendendo per mano Giacomo.
“Non ho nulla in sospeso con Giacomo, questo te lo assicuro, io e Giacomo eravamo vicini di casa, meglio di finestra possiamo dire, ma da quanto so, ho perso la mia identità facendo da portavoce di una poesia che rappresentava l’effimera giovinezza, ma non certo la mia persona. Giacomo mi ha raccontata con il nome di Silvia, in gioventù e in morte, ma io, Teresa, ho sempre voluto una vita leggera e ricca di emozioni, una vita carnale e piena di passione. Guardarsi dalla finestra è imbarazzante la prima volta, dolce la seconda e impetuoso la terza, ma diventa insistente la quarta, noioso la quinta e indifferente la sesta. Non credo quindi che abbiamo nulla da sistemare. Forse Cesare stai facendo un errore di induzione!”
Giacomo in uno stato di disarmonia con la situazione come se ci fosse stato un terremoto alle fondamenta della profondità dei suoi pensieri si rimette a sedere, guarda l’ermellino che gira le clessidre per la terza volta e, non dicendo una parola, inizia a pensare.
A questo punto Cesare guarda Tina: “Sembra che siamo rimasti solo noi due”
Tina: “Abbiamo in sospeso qualcosa? Perché a me sembra che dopo di me tu abbia avuto altre, non una, ma quattro donne, non penso abbiamo nulla in sospeso. Abbiamo passato momenti stupendi insieme, a differenza dell’amore ablativo che abbiamo ascoltato di Dante e Giacomo noi abbiamo consumato, abbiamo ripercorso il reticolo delle seconde volte con dei baci in emozionanti momenti di debolezza. Cesare, il mio pensiero è che sei un eterno adolescente che solo nel tormento dell’uomo respinto e tradito ritrova se stesso. Sarò cruda ma è bene che tu lo sappia. Ho sempre cercato di starti accanto dandoti quando ne necessitavi flebili speranze alle quali potevi aggrapparti, fino a che non sarebbe stato più semplice per te riprenderti. Ho amato i nostri momenti, ma tu la mattina ti svegliavi con la puntura della solitudine, non è cosi che dicevi? Avremmo potuto sposarci, forse. Non in una relazione che rendeva l’aria più pesante del piombo.”
Cesare la guarda sconcertato, camminando per la stanza prende oggetti e li sposta, toglie gli occhiali da aviatore alla palla da basket e guarda il pinguino che gli sta accanto.
Tina riprende: “Vedi lo stai rifacendo, stiamo bene quando non parliamo di amore, di matrimonio, stiamo bene in un alone di superficialità, in acque basse e poco profonde dove entrambi tocchiamo. E tu questo non puoi accettarlo.”
Beatrice, Teresa, Tina si guardano per un istante e sorridono.
Cesare nel frattempo riprende in bocca la sua pipa e fumando si siede vicino allo struzzo ai piedi del divano, incrocia le gambe e inizia a pensare. Beatrice Teresa e Tina non avendo ancora spogliato il cappotto si dirigono verso la porta.
Giacomo le ferma dicendo “Aspettate”.
Tutte e tre, quasi nella speranza che uno di loro avesse colto finalmente tutto, si girano in attesa di una continuazione.
Giacomo riprende: “Scusate per il bicchier d’acqua, non sapevamo dove poterlo trovare”.
Le tre donne si girano, aprono da sole la porta ed escono salutando, mentre Cesare, Giacomo e Dante pensano.
Lo struzzo e il pinguino sono uno accanto all’altro, sdraiati vicino alla porta mentre l’ermellino attende la fine delle clessidre per poterle girare.
Incamminandosi verso il parco le tre donne sorridono guardandosi, consapevoli che è meglio lasciare tre infelici pensatori che costruire tre infelici coppie.